"Io prenderò il calice della salvezza e invocherò il nome dell'Eterno" (Salmo 116:13) "Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per la remissione dei peccati" (Matteo 26:27, 28) Ogni credente dovrebbe partecipare regolarmente alla Cena del Signore. È un sacramento. Ai tempi dell'impero romano i giovani venivano portati all'altare, dovendo giurare di servire il loro paese fino alla morte. Quando sin dalla prima volta ci accostiamo alla mensa del Signore è come se confermassimo fatto di fedeltà nei riguardi del nostro Re già stabilito al battesimo pubblico. È una dichiarazione, o meglio un'ulteriore confessione della nostra fede. Testimoniamo che in Cristo risiede il nostro perdono, la nostra salvezza e la nostra fedeltà a Lui è assoluta. Testimoniamo altresì il desiderio di mettere la Sua croce e la Sua tomba tra noi e il mondo. È quindi anche un vincolo di unione indissolubile. È il pegno del Patto. La morte della croce era il segno di Dio e il sigillo del nuovo patto, i cui favori vengono citati nell'Epistola agli Ebrei capitolo 8. Quando beviamo il vino è come se dicessimo: "Ricordati del tuo Patto". Mi sia concesso di rivolgermi a tutti, specialmente ai giovani credenti: avviciniamoci e prendiamo il pane e il vino meditando profondamente e con riverenza sul dono supremo di Cristo e sulle implicazioni di questo atto: "Che renderò io all'Eterno? Io prenderò il calice della salvezza... Io compirò i miei voti" (Salmo 116:13, 14). L'espressione contenuta in questo salmo è straordinaria: "Io prenderò il calice della salvezza". Quando ci domandiamo quale salvezza, leggiamo: "Tu hai sciolto i miei legami" (v 16), e ci ricordiamo di Apocalisse 1:5, "A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue". Notate come il Salmista confessi trionfalmente la propria lealtà al Maestro Celeste. Ancora una volta egli dichiara: "Sì, o Eterno, io son tuo servitore, son tuo servitore ...". E noi siamo servi di Gesù. Se ci venisse chiesto quali sono questi "sacrifici di lode", possiamo rispondere: prima di ogni altro il sacrificio di noi stessi (cfr. Rom. 12:1). Soltanto in seconda battuta il sacrificio della nostra lode e le nostre offerte (cfr. Ebrei 13:15, 16). Veniamo all'altare di Dio non di malavoglia o pensierosi, ma mossi da un grande desiderio poiché dobbiamo tutto a Lui. Non cessiamo, neppure per un istante, di vivere e di servire, di lodare e di donare.
Data: 13/05/2007 Visite: 3254 | |
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