L'angelo apparso a Giovanni lo ha giurato nel nome del Signore: non ci sarà più indugio (v. 6). Il mistero di Dio, il Suo piano disvelato nel corso dei secoli si compirà così com'è stato annunciato dai profeti. Giovanni viene letteralmente calato nel bel mezzo degli avvenimenti che si verificheranno nell'ultimo scorcio della storia dell'umanità. La fine non è più solamente vicina ma è arrivata con tutto il carico di sciagure che ad essa si accompagna. In tutto questo contesto l'apostolo non è soltanto uno spettatore che da lontano scruta cose molto più grandi della sua capacità di comprensione, non è un osservatore estraneo ma è chiamato ad un compito ben preciso, c'è un ruolo anche per lui. Viene descritta, in linguaggio figurato, una realtà comune anche ai credenti del nostri giorni. Dio rivolge a noi un messaggio gioioso, un annuncio di liberazione, la proclamazione di una realtà che suona dolce alle nostre orecchie. Ma questa stessa rivelazione porta con sé un aspetto che alle volte vorremmo scansare perché ci pesa: "bisogna che tu profetizzi" (v.11). Bisogna trasmettere con una predicazione veemente tutto il piano della salvezza, non soltanto gli aspetti piacevoli, quelli che suscitano consenso e simpatia da parte degli interlocutori. Non è piacevole dover pronunciare cento parole di giudizio e condanna per preparare il cuore dell'uomo ad accettare una sola parola di redenzione. Alle volte il compito del credente può apparire ingrato: non possiamo parlare di gioia senza accennare all'amaro argomento della morte eterna, non possiamo parlare di vite trasformate e riscattate senza menzionare le punizioni e la rovina finale che attende ogni uomo lontano da Dio. Si tratta di due componenti indissolubili, ma come abbiamo accettato dal Signore la pace, e la vita eterna, intendiamo far nostri gli aspetti più "scomodi" della Parola di Dio, quelli che ci spingono a puntare il dito contro una società ribelle e indifferente alla volontà di Dio.
Data: 20/11/2005 Visite: 3120 | |
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