La visione che si dispiega davanti agli occhi del "discepolo che Gesù amava", lo spaventa al punto da farlo svenire. Il Signore gli appare nella Sua potenza, non più come l'umile carpentiere di Nazareth ma come il Figliolo di Dio, risplendente della gloria che aveva presso il Padre. Paolo stesso afferma: "se anche noi abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora però non lo conosciamo più così" (1) per Giovanni si tratta dunque di una visione del tutto inaspettata, che lo coglie di sorpresa. Questa esperienza, ha un immediato scopo pratico ed edificante. "Quel che tu vedi scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese" (v.l l ). Tramite questi versetti, il Signore ci insegna la santità e la concretezza che devono sempre caratterizzare le nostre esperienze spirituali. Alle volte, dimenticando quanto grande e santo sia il nostro Signore, ci comportiamo con assoluta leggerezza. Dimentichiamo, a causa dell'eccessiva confidenza, che Egli è Colui che tiene le chiavi della morte e dell'Ades che egli è il Primo e l'Ultimo, l'Eterno, e da Lui dipende ogni cosa. È doveroso ricordare quanto sia importante temere il Signore. Un altro aspetto non marginale di questo brano è l'insegnamento concernente la praticità dell'esperienza cristiana. Giovanni non ebbe questa visione come un favore personale, ma al fine di comunicare un messaggio ben preciso ai credenti di ogni tempo. Ogni tanto si incontrano cristiani che pensano di dovere tenere per sé quanto il Signore ha loro donato, e vivere con Dio una sorta di comunione individualistica. Questo è sbagliato, poiché non siamo chiamati ad un'unione mistica con Gesù, bensì ad un rapporto equilibrato e sano, dal quale possiamo attingere per il nostro bene spirituale e per quello di quanti periscono nel peccato. 1) 2 Corinzi 5:16
Data: 19/10/2005 Visite: 2955 | |
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