Non sappiamo se Giuseppe d'Arimatea credeva che Gesù fosse il Figlio di Dio che sarebbe risuscitato dopo la Sua morte. Questa consapevolezza spiegherebbe il suo coraggio e tutto l'amore di cui dette prova nel prendersi cura del corpo di Gesù crocifisso. In quei giorni, chi si fosse dimostrato minimamente interessato alla persona del Nazareno, sarebbe stato incriminato assieme a Lui, dichiarato nemico della religione di Stato e di conseguenza perseguitato. La storia ci conferma che ai primi cristiani, a quelli che ebbero il coraggio di dichiararsi tali, la religione ufficiale confiscò i beni. Qualcuno avrebbe probabilmente desiderato estendere il medesimo provvedimento al ricco Giuseppe, benché fosse un uomo stimato e autorevole. Ma quando Dio interviene, anche i nemici vengono messi a tacere e resi impotenti: nel caso di Giuseppe d'Arimatea, nessuno fiatò: il corpo di Gesù gli fu consegnato ed egli lo depose in un sepolcro nuovo. Fu una coraggiosa testimonianza, di fede e di amore, resa agli uomini e a Dio. Il Signore concede sempre il Suo appoggio a simili testimonianze. Molti cristiani coltivano una fede astratta, rivolta ad un Dio lontano: non cercano nulla di più, non chiedono nulla di meglio. Ma, come dice il Vangelo, quel che Dio ci rivela nell'intimo del cuore, nel segreto della coscienza, deve essere reso pubblico dai tetti, proclamato apertamente e senza reticenze. 11 cristiano che teme di esporsi come tale, non fa onore al suo Maestro. Forse dobbiamo pregare per ottenere non soltanto la fede, ma anche il coraggio della fede, per manifestare concretamente la gloria dell'invisibile Iddio. Chi non ama il fratello che vede, come può dire di amare il Dio che non vede? Chi non si prende teneramente cura del Corpo visibile e a volte martoriato del Cristo, che è la Chiesa di oggi, non può affermare di amare il Signore, di certo non Lo ha compreso e purtroppo non Lo incontrerà nel giorno della risurrezione dei giusti.
Data: 09/10/2005 Visite: 4379 | |
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