Nell'opinione corrente la religione viene associata all'immagine di una vita grigia e intristita. Il credente viene visto di sovente come una persona scialba che si priva in maniera masochista delle gioie della vita. Eppure, anche nel brano che siamo chiamati a meditare, fanno la loro apparizione espressioni di giubilo: "Esultiamo, rallegriamoci per la salvezza!" (v.9). Ci stiamo imbattendo nell'ennesimo paradosso della Scrittura. Rinunciare a qualcosa che al Signore non piace non equivale a condurre un'esistenza frustrante e piena di inibizioni ma significa piuttosto gettare le basi di una vita santa che ci porterà a sperimentare l'ineguagliabile gioia dell'approvazione divina. Allegrezza, felicità, tripudio sono termini ricorrenti nella Parola di Dio ma pressoché banditi dal vocabolario corrente. Appaiono espressioni retoriche ed enfatiche difficilmente applicabili al contesto in cui viviamo fatto di noia, insoddisfazione, sofferenza e paura. Dalla Parola del Signore traspare, invece, e con decisione, un ininterrotto annuncio festoso che parte dalle prime pagine di Genesi dove fa capolino la speranza di un riscatto per il genere umano, fino alle ultime pagine di Apocalisse dove Gesù annuncia il convito finale rinnovando l'invito a partecipare a quella festa. Anche nel nostro brano viene ripresa l'immagine del gioioso banchetto finale preparato per tutti coloro che avranno praticato la Sua volontà. Per chi crede, la festa è già cominciata poiché per fede siede già al tavolo con il Signore Gesù per celebrare il trionfo della verità e l'inaugurazione di un'infinita età di pace e giustizia.
Data: 06/07/2005 Visite: 3117 | |
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