La speranza nel giudizio di Dio è sempre rimasta viva in Israele. Profeti come, Amos, Osea, Isaia si sono trovati ad alimentare la diffusa attesa della venuta del giudizio divino, il tanto agognato Giorno di Yahwèh. Israele sperava in un giorno di luce e di salvezza, che segnasse al tempo stesso la definitiva sconfitta dei suoi nemici. Anche nella società odierna molti sperano in un giudizio di Dio, ma dimenticano che tutto ciò coinciderà con la verifica della propria condotta alla luce di istanze altamente morali così come traspare dalla Parola di Dio. Nel loro messaggio i profeti parlano del Giorno di Yahwèh come di un'occasione in cui verranno puniti tutti gli ingiusti, anche coloro che si vantano d'appartenere al popolo del patto(1). Israele spesso dimenticava che l'alleanza imponeva un assoluto rispetto delle condizioni "pattuite". Dio esercita il Suo giudizio come vuole, Egli prende in mano le redini della storia, come appare evidente dal nostro testo. L'Assiria, diventa strumento di Dio, per il giudizio esercitato sul Suo popolo. Ma contemporaneamente, Dio, rinfranca il suo residuo fedele, "...O popolo mio che abiti in Sion, non temere l'Assiro, ancora un breve, brevissimo tempo, e la mia indignazione sarà finita, e l'ira mia si volgerà alla loro distruzione" (vv. 24, 25). Il giudizio non comporta tuttavia l'eliminazione totale del popolo, ma è finalizzato dalla sua purificazione. Un residuo sopravviverà, verrà salvaguardato. Per quanto contraddittorie e talvolta strane, possono sembrare le rappresentazioni bibliche del giudizio divino, esse non velano quella che è la verità fondamentale dell'Antico Testamento, vale a dire che il Giudizio è una realtà assolutamente concreta e tangibile. La vita d'Israele che si svolge tutta alla luce di questa prospettiva, fa risaltare la dipendenza assoluta della creatura al cospetto di Dio che l'ha creata e che la giudica. 1) vedi Isaia 2:12
Data: 07/06/2005 Visite: 2535 | |
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