In questi versetti della prima epistola di Pietro, le argomentazioni di gran lunga più significative riguardano l'elezione dei credenti. Nel mondo, di ubbidienza, se ne parla con molta difficoltà e spesso ciò che viene rivendicato è esattamente l'opposto: la disubbidienza civile; la disubbidienza fiscale, la disubbidienza... religiosa. Eppure, il fine dell'elezione è proprio quell'ubbidienza che nel nostro brano viene anteposta all'espressione "...e ad essere cosparsi del sangue di Gesù Cristo". Senza ubbidienza non v'è rigenerazione! L'ubbidienza non corrisponde all'eliminazione della nostra volontà, che diventa succube di una autorità imposta con la forza, non è quindi l'annullamento di ciò che siamo, ma un consapevole riconoscimento dell'autorità da cui dipendono i destini della nostra vita. L'ubbidienza è quindi un "atto dovuto" non "un'imposizione". Imparare l'ubbidienza da parte di chi per natura ha una temperamento ribelle (1) è una grande vittoria e quanto sia importante ci viene insegnato da Gesù stesso che: "imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì" (z). Apprendiamo così che: - se l'ubbidienza non fa parte della nostra natura, rientra tra le nostre facoltà la capacità di acquisire questa attitudine; - la causa di tante sofferenze è la disubbidienza. Alle volte Dio è costretto a permettere certe situazioni al fine di educarci ad un giusto rapporto di dipendenza; - Ubbidire equivale ad arrendere la propria vita e metterla a disposizione di Dio. Ciò non è facile (3) ma l'unico prezzo che ci viene richiesto da pagare è quello dell'ubbidienza. I risultati sono tangibili e le benedizioni sono diventati abbondanti solo dal momento in cui abbiamo imparato che: "l'ubbidienza vai meglio che il sacrificio..." (4). 1) cfr. Efesini 2:1-3 2) Ebrei 5:7-10 3) 1 Corinzi 9:25-27 4) 1 Samuele 15:22-23
Data: 12/05/2005 Visite: 2394 | |
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