"...affinché non confidiamo in noi stessi, ma in Dio, il quale risuscita i morti..." (v. 9). Volgendo uno sguardo alle Scritture, possiamo notare come questa realtà sia stata condivisa in vari modi da molti personaggi cari al Signore. Giuseppe partecipando ai fratelli quanto Dio gli stava rivelando, suscitò il loro odio che si tradusse prima nell'intenzione di ucciderlo quindi di venderlo. Ma Iddio fu con Giuseppe (1). Mosè "scelse di essere afflitto col popolo di Dio piuttosto di godere per breve tempo i piaceri del peccato" (2). Davide, in varie circostanze sperimentò una profonda angoscia, come è scritto ad esempio nel Salmo 51 "...non rigettarmi dalla Tua presenza e non togliermi lo Spirito Tuo Santo...". Ezechia, nella sua tribolazione si rivolse a Dio, il quale gli prolungò la vita di altri 15 anni. Nehemia, afflitto, per la sorte di Gerusalemme, fece orazione all'Iddio del cielo, che gli fece trovare grazia presso il re. Paolo stesso scrivendo a Timoteo afferma "...tutti mi hanno abbandonato, non sia loro imputato! Ma il Signore è stato con me e mi ha fortificato..." (3). È infine doveroso considerare le ingiuste sofferenze subite dal Signore Gesù, il Quale per venire incontro ai bisogni della nostra anima. Già nel Getsemani, "cominciò ad essere contristato e grandemente angosciato" (4). Non è quindi improbabile che qualcuno di noi pur essendo figliolo di Dio, possa cadere in preda ad uno stato di scoraggiamento e di momentanea depressione. Ma in questi frangenti dolorosi dobbiamo ricordare che in fondo al "tunnel", ove tutto ci pare opprimente e senza spiragli, rimane sempre la luce folgorante del Signore Gesù, verso il Quale vogliamo concentrare tutti gli sguardi. "Al di la delle nostre forze" (v. 8) c'è la liberazione del Signore, da parte nostra dobbiamo solo conservare la speranza in vista del favore e della liberazione divina che Dio non farà mancare. 1) cfr. Atti 7:10 2) Ebrei 11:25 3) 2 Timoteo 4:16-17 4) Matteo 26:37
Data: 25/03/2005 Visite: 2392 | |
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