Paolo, Epafrodito e molti altri credenti della prima ora facevano coincidere la chiamata ricevuta dal Signore con la piena disponibilità a mettere in gioco tutta la loro vita. Paolo, Epafrodito e molti altri (v. 30) avevano messo in conto che il servizio cristiano avrebbe potuto costare la loro vita ed avevano deciso che si trattava di un prezzo che meritava, comunque, di essere pagato. Quanti cristiani oggi la pensano allo stesso modo? Quanti, purtroppo, in un modo o nell'altro, cercano il loro proprio e non ciò che è di Cristo Gesù! Alcuni vivono il loro impegno cristiano come un gioco nel senso che il loro coinvolgimento ha molte affinità con l'attività ludica. La loro attività spirituale, proprio come per gioco, è circoscritta in periodi di tempo ben determinati, viene regolata da norme che essi fissano autonomamente "a priori" e soprattutto è finalizzata a procurare un diletto, una soddisfazione personale, con la possibilità, in ogni momento, di uscire dal "gioco", se questi si fa troppo impegnativo o stancante. Il vero cristiano è, semmai, colui che si prende gioco delle proprie ambizioni, delle proprie pretese e delle proprie presunzioni per arrischiare ogni cosa in vista del servizio da rendere a Cristo. Vorremmo dunque che l'apostolo, se mai avesse dovuto citare il nostro nome in un suo scritto, si riferisse a noi come ai suoi commilitoni e veri collaboratori, testimoniando ad altri che la nostra vita è quella di uomini degni di stima.
Data: 13/03/2005 Visite: 2132 | |
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