Nella lingua greca classica la parola "agape" è quasi del tutto sconosciuta. Nel linguaggio cristiano invece, oltre ad essere assai usata, definisce la prima e la più importante delle qualità cristiane. "Agape" è quindi, per gli scrittori del Nuovo Testamento, l'amore specificatamente cristiano. Nessuna indagine per quanto minuziosa, ci farà tuttavia scoprire le reali dimensioni di questa eccelsa virtù; il termine definisce specificatamente ciò che è o dovrebbe essere questo sentimento. L'amore s'impone alla nostra attenzione soltanto quando si manifesta nella vita pratica. Perciò ciascun credente è qualificato agli occhi di Dio non tanto in ragione di quanto sa sull'amore ma di quanto opera nell'amore. Il nostro "peso specifico" spirituale dipende unicamente dalla quantità di "Agape" che possediamo. Chi ne è privo non potrà essere apprezzato da Cristo nella vita futura, anzi, a dire il vero, non vale niente già al presente. È vana anche la speranza di poter compensare questa mancanza, con l'aggiunta di altre ricchezze spirituali o sacrifici dall'apparenza eccellente: "Se non ho amore", dice l'apostolo Paolo, "non sono nulla". D'altra parte, se riteniamo di possedere in una certa misura questo dono prezioso, dobbiamo sempre riconoscerne la fonte. È lo Spirito Santo che ha sparso nei nostri cuori l'amore di Dio, e Dio nella Sua essenza è amore. Dobbiamo fare molta attenzione su questo punto per non cadere nel trabocchetto dell'orgoglio e dell'innalzamento spirituale, sarebbe questa un'aperta sconfessione di ciò che diciamo di essere. Infine la Scrittura ci pone davanti un'ideale dell'amore tanto elevato da farci dubitare della possibilità di una sua piena attuazione. Non dobbiamo però scoraggiarci poiché forse, proprio partendo da questa constatazione, saremo così "costretti" ad andare a Lui ogni giorno per chiedere, come dice un bel cantico, la forza per amare.
Data: 15/02/2005 Visite: 2515 | |
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