Non comprendiamo mai a sufficienza quanto Dio sia profondamente interessato all'uomo. Egli, per amore, ha dato la Sua vita per salvare l'umanità intera. Nel considerare questo brano, scopriamo che al tempo in cui venne scritta la prima epistola ai Corinzi, si poneva il problema, per noi del tutto anacronistico, del mangiar le carni sacrificate agli idoli. Saremmo tentati di concludere che il fatto non ci riguarda, non potendo trovare applicazione ai nostri giorni, ma faremo bene a smentire una conclusione così frettolosa e semplicistica. Molti comportamenti possono essere ritenuti del tutto leciti in quanto si è dell'avviso che non possano arrecare alcun pregiudizio al nostro prossimo. Forse riteniamo di essere arrivati a un livello spirituale tale che alcuni comportamenti e determinate scelte non possano, in ogni caso, danneggiare la nostra relazione personale con l'Altissimo. Certo, la nostra maturità è arrivata a un punto in cui appare impossibile l'ipotesi che alcuni fatti ci possano scandalizzare. Ma il problema non è in rapporto a sé stessi, quanto spiega l'apostolo Paolo, in funzione del turbamento di coloro che sono deboli. Nell'odierno contesto culturale sembra sia più che legittimo esternare le proprie rivendicazioni, perché viene ritenuto più che giusto potersi muovere ed esprimere nella massima libertà senza badare a coloro che ci stanno attorno. Di parere contrario sembra essere l'apostolo Paolo: per amore, non di sé, ma del fratello più debole, bisogna limitarsi o addirittura rinunciare alla propria libertà frutto di una conoscenza e di una consapevolezza più evoluta.
Data: 26/01/2005 Visite: 2298 | |
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