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Le meditazioni di eVangelo

Una sconfitta salutare (Giosuè 7:1-26)


di G.T.
Trascritto da eVangelo

Dopo la presa di Gerico un sentimento di compiacimento verso sé stessi invase il popolo d'Israele. La piccola cittadina di Ai non dava più nessun pensiero; se era caduta la possente Gerico, Ai sarebbe stata conquistata in un batter d'occhio. Nessuno al campo d'Israele, pensò di chiedere consiglio all'Eterno; ormai tutti, Giosuè compreso, fidavano ciecamente nelle proprie forze. La sconfitta a questo punto arrivò inevitabile, col risultato di gettare Israele nello sconforto e nella paura. Giosuè si lamenta con l'Eterno, ancora nella sua mente non passa minimamente l'idea che la causa della sconfitta potrebbe essere cercata nel comportamento del popolo e specificatamente nel peccato e nella trasgressione di qualcuno. È difficile per l'uomo ammettere le proprie colpe, riconoscere i propri errori, ma Dio non può transigere; il peccato deve essere estirpato, anche se questa azione di risanamento può arrecare dolore a qualcuno. Nell'eccitazione della battaglia di Gerico, Acan dimenticò gli ordini divini: la concupiscenza generò il suo frutto: il peccato; ed adesso il peccato dà il proprio frutto: la morte. Accanto al peccato di Acan dobbiamo mettere la presunzione di Israele: avevano dimenticato che contro Gerico loro non avevano neppure combattuto, ed ora vorrebbero espugnare con le proprie forze Ai. Il più piccolo ostacolo nella nostra vita spirituale può provocarci la più grande 'sconfitta quando l'affrontiamo confidando esclusivamente nelle nostre forze. Accertata la causa della sconfitta, la legge divina richiede la punizione del colpevole. La misera fine di Acan non è altro che la tragica illustrazione di dove conduce il peccato. Per quanto possa sembrare atroce la sua fine, essa non è altro che la giusta punizione al suo fallo. Acan non aveva pensato minimamente a confessare il suo peccato; mentre Giosuè passava in rassegna il popolo egli era rimasto ostinatamente al suo posto nell'assurda speranza di farla franca. Nemmeno dopo essere stato scoperto affiorano sulle sue labbra parole di vero e reale pentimento; la sua è la confessione dell'uomo scoperto in fallo, non quella del peccatore pentito, allontanando così da sé la speranza della misericordia divina. Ora Ai può essere conquistata.


Data: 14/10/2002
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