Numeri 11:1-35 Il popolo, pur essendo stato liberato dalla schiavitù, appare tutt'altro che propenso a porre piena fiducia nell'Eterno. A volte capita che invece di confidare in Dio, ci si ribella contro di Lui e si mormora contro il Suo piano e il Suo operato. Il popolo che prima aveva mormorato per la mancanza d'acqua e per la mancanza di pane, ora si lamenta per la mancanza di carne. La loro protesta è ormai diventata un abito mentale, un lamento preconcetto, un ribellismo aprioristico. Essi hanno dimenticato velocemente sia la liberazione, che i continui e tempestivi interventi di Dio. Il popolo rievoca con rammarico il paese della loro schiavitù, quasi si trattasse di un paradiso perduto: "Ci ricordiamo dei pesci... dei cocomeri, dei poponi, dei porri, delle cipolle..." (v. 5). L'attuale provvidenza e la solenne presenza di Dio vengono repentinamente dimenticati. Il loro mormorio si fa sempre più insistente: quello che si presenta è un quadro desolante di gente piagnucolosa. Tale comportamento testimonia di una profonda ingratitudine nei confronti di Dio. Ancora oggi alcuni credenti, si abbandonano a fastidiose lamentele verso Dio e riguardo l'operato del conduttore. Vi sono dei cristiani perennemente insoddisfatti, che non fanno altro che protestare la loro scontentezza. Questo comportamento è frutto di una presa di posizione che rivela immaturità spirituale e contraddistingue quanti vivono ai margini della fede, estranei alla vita e all'attività comunitaria. Noi cristiani pur avendo fede nella Onnipotenza divina all'interno della nostra piccola mente limitiamo Dio, neutralizzando e vanificando il Suo potenziale d'amore e di liberazione. Come Mose, chi sa attendere con fede riceve una risposta al di là delle proprie aspettative. L'Eterno sblocca la situazione, facendo cadere sul suolo le quaglie. Non è sempre facile confidare nelle risposte di Dio, ma beato è chi pone piena fiducia in Lui.
Data: 20/07/2008 Visite: 3208 | |
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