Evoluzione
Tutti probabilmente sono familiari con il termine "teoria dell'evoluzione".
Essa viene insegnata nei testi scolastici come fatto inequivocabile; ne sono
permeati i commenti dei documentari, la letteratura, il cinema, la televisione,
i giornali.
Onde evitare confusione, è bene distinguere tra evoluzione biologica
e teoria dell'evoluzione. Il termine evoluzione definisce in modo generico
il processo - le variazioni nel patrimonio genetico di una popolazione, verificatesi
nel tempo - mentre il termine evoluzionismo definisce la "teoria",
o più correttamente l'ideologia, secondo la quale tutti gli organismi
viventi derivano per trasformazione da altri di epoche passate.
L'evoluzionismo viene quasi sempre presentato come una scienza esatta, ampiamente
supportata dai ritrovamenti e dalla ricerca, e accettata da tutti gli scienziati.
In realtà, l'evoluzione biologica come spiegazione delle origini della
vita non è né una teoria né un fatto, ma è una
mera assunzione aprioristica.
In natura l'evoluzione avviene e si conclude nello stesso organismo; essa non
produce nuove caratteristiche, ma consiste nella manifestazione oppure nella
soppressione di caratteristiche già esistenti. Si tratta di un fenomeno
naturale osservato, misurato e ripetuto, e pertanto scientificamente verificato.
La selezione artificiale operata dagli allevatori è un esempio di tali
variazioni: gli animali sono selezionati in base a particolari tratti o caratteristiche,
allo scopo di produrre una variazione nella razza che possa renderla, ad esempio,
più utile o più piacevole esteticamente.
Ciò non significa che vengono sviluppati nuovi tratti, ma solo che le
informazioni genetiche vengono riorganizzate e i tratti più utili sono
favoriti.
In sostanza, dunque, non si producono nuove informazioni genetiche; vengono
semplicemente "riorganizzate" quelle preesistenti, formando nuove
combinazioni, peraltro limitate, come predetto dalle leggi di Mendel sulla
genetica.
Per estrapolazione, gli evoluzionisti postulano la produzione di nuovi tratti
negli organismi viventi nel corso di lunghissimi periodi di tempo, di nuove
specie, grazie all'evoluzione. Secondo questa teoria, tutte le forme di vita
discenderebbero da antenati comuni: i "mattoni" della vita sarebbero
nati dall'interazione di elementi inerti, e il primo microrganismo si sarebbe
evoluto nel corso di miliardi di anni in forme di vita via via più complesse
- da ameba a invertebrato, a anfibio, rettile, quadrupede, scimmia, e infine
all'uomo. Essa consiste, in pratica, nell'assumere che l'evoluzione all'interno
della razza sia prova dell'ipotetica evoluzione da una razza all'altra. Questo
tipo di evoluzione è definito macroevoluzione.
Nonostante il fatto che la macroevoluzione non sia mai stata provata scientificamente
(perché una teoria possa essere ritenuta scientificamente valida, deve
essere osservabile, misurabile, e ripetibile; la teoria evoluzionistica non
risponde ad alcuno di questi tre requisiti), e nonostante il fatto che non
vi sia alcuna base scientifica per giustificare l'estrapolazione della macroevoluzione
dall'evoluzione osservata in natura, neppure nel corso di miliardi di anni,
questa dottrina viene tranquillamente inculcata in maniera dogmatica agli studenti,
e spesso difesa violentemente, contestando e non di rado censurando ogni voce "fuori
dal coro".
Secondo il modello evoluzionista, tutto quello che è possibile osservare
oggi è frutto di eventi casuali e lunghissimi periodi di tempo. Non
esiste altra realtà al di fuori della natura; non esiste uno scopo o
un creatore nell'universo, ma tutto ha avuto origine da processi naturalistici
e meccanicistici propri della materia inanimata (materialismo filosofico).
L'idea di un intervento soprannaturale è rigettato a priori, come pure
qualunque spiegazione che punti in direzione opposta all'evoluzionismo. Non
esistono specie "fisse"; le piante, e gli animali (tra i quali è incluso
l'uomo) discendono da uno stesso organismo progenitore, che a sua volta ha
avuto origine per caso dagli elementi chimici presenti nell'atmosfera primordiale.
Indubbiamente, riconoscere la teoria evoluzionistica come falsa, significherebbe
dover prendere in considerazione l'unica altra possibilità: quella di
una creazione che non è frutto del caso, ma prodotta e guidata da una
volontà intelligente per uno scopo preciso, insieme a tutte le leggi
che regolano l'universo.
Secondo questo modello, la vita, in tutte le sue sfumature ed espressioni,
non è il frutto di processi naturalistici avvenuti per caso. Le piante,
gli animali, e gli uomini sono stati creati come specie ben distinte, che non
sono legate tra di loro da alcun tipo di parentela.
Big Bang
Per cercare di spiegare le origini dell'intero universo, con tutto quello che
contiene, e le leggi che lo governano, gli evoluzionisti hanno postulato
un evento noto come "Big Bang" (letteralmente, "grande esplosione")
.
Secondo questa teoria - di cui esistono diverse varianti - tutta la massa e
tutta l'energia dell'universo erano un tempo situate in uno stesso punto, ridotte
a un volume infinitesimamente piccolo; o, per usare la definizione di un evoluzionista: "l'intero
universo osservabile era più piccolo di un singolo atomo" (Crowell).
Questa condizione viene definita "Singolarità"; essa sarebbe
poi esplosa dando origine alle galassie, ai singoli astri e pianeti, e in ultima
analisi alla vita. Inoltre, l'esplosione avrebbe creato il tempo e lo spazio,
che, stando a questa teoria, non esistevano prima del Big Bang.
Come si può notare, la condizione di Singolarità richiede - eppure
non soddisfa - la nozione di ordine perfetto.
Per cercare di giustificare la tremenda densità della massa, si è ipotizzato
che quest'ultima sia esistita sotto forma di idrogeno estremamente compresso;
ciò, naturalmente, non spiega da dove e in che modo sia apparso l'idrogeno.
Si può costatare che, in effetti, nessuna delle tante variazioni della
teoria del Big Bang spiega in che modo abbia avuto origine la Singolarità,
che costituisce una chiara violazione della legge della conservazione della
materia e dell'energia (la prima legge della termodinamica stabilisce che l'energia
e la materia non possono essere né create né distrutte: il loro
stato può mutare, ma la loro quantità totale nell'universo è costante).
Affermare poi che la condizione di Singolarità si sia verificata perché lo
spazio e il tempo non esistevano prima del Big Bang è mera tautologia
definizionale. L'idea stessa che né lo spazio né il tempo siano
potuti esistere prima del Big Bang, implica una condizione di stabilità;
non essendovi alcuna possibilità di cambiamento, il Big Bang stesso
non può essersi verificato.
Se all'espansione dell'ipotetico Big Bang va ascritta la formazione di galassie,
stelle, pianeti, e la creazione di proteine, DNA, microrganismi in grado di
replicarsi, fino alle forme di vita che sono conosciute oggi, è implicito
un continuo incremento di organizzazione e complessità, di nuove informazioni;
ciò è in netta contraddizione con le più elementari leggi
della scienza.
Al di là di ogni altra possibile speculazione, resta poi il fatto che
questa teoria non può essere confermata o esaminata sperimentalmente.
Il Big Bang non è dunque altro che una speculazione, in bilico tra scienza
e filosofia, e contraria ad alcune delle leggi fondamentali della scienza.
Radiazione di fondo e redshift
I sostenitori della teoria del Big Bang spesso ricorrono a due fenomeni che
dovrebbero confermarla: l'esistenza della radiazione cosmica di fondo - risultante,
ipoteticamente, dalla "grande esplosione" - e il redshift - che
dovrebbe dimostrare l'allontanamento graduale delle stelle, e quindi provare
che l'esplosione si è realmente verificata miliardi di anni fa.
La radiazione cosmica di fondo in realtà sembra semplicemente provenire
dalle stelle e dalle galassie che ci circondano. Essa non proviene da un unico
punto - cioè dalla presunta origine del Big Bang - ma è isotropa.
Inoltre è notevolmente più debole di quanto previsto dalla teoria,
presenta una temperatura molto inferiore a quella predetta, ed è eccessivamente
uniforme.
Secondo William Corliss, "le recenti misurazioni delle fluttuazioni di
densità nella radiazione cosmica di fondo a microonde non mostrano fluttuazioni
maggiori di 2,5 parti su 100.000. Nessuna galassia potrebbe nascere da una
fluttuazione tanto piccola - neppure in 15 miliardi di anni".
L'altro fenomeno, il redshift, riguarda i moti di allontanamento delle galassie.
Semplificando, il redshift è il fenomeno che fa apparire di colore più rosso
gli oggetti che si allontanano dall'osservatore.
Se l'effetto Doppler fosse l'unica causa del redshift spettrale - come ritengono
gli evoluzionisti - ciò dimostrerebbe che l'universo è in fase
di espansione, per effetto dell'esplosione del Big Bang.
Ma esistono altre due cause di redshift confermate dalla scienza, che sono
in grado di spiegare in modo più convincente il fenomeno: il graduale
rallentamento della luce nel percorrere lunghe distanze, e la perdita di energia
da parte della luce quando questa transita in prossimità di ampi campi
gravitazionali come quelli delle stelle.
La predizione che la luce emessa da una sorgente dotata di forte campo gravitazionale
debba tendere verso il rosso fu formulata da Albert Einstein, e verificata
sperimentalmente da Walter Adams.
Peraltro, la ricerca sui redshift per effetto Doppler ha prodotto risultati
non credibili: applicando questa teoria, i quasar risulterebbero eccessivamente
luminosi (in base alla legge del quadrato inverso), e oltre 30 quasar scoperti
recentemente si allontanerebbero da noi a un'impressionante velocità,
fino a otto volte superiore a quella della luce.
Biogenesi: la nascita della vita
Secondo gli scienziati evoluzionisti, la "ricetta" per ottenere la
vita è relativamente semplice: luce, acqua, calore, atmosfera, e molecole
organiche.
Nelle particolari condizioni postulate dagli evoluzionisti, la vita sarebbe
nata dagli elementi inerti presenti sulla Terra in seguito al Big Bang (abiogenesi).
Questa ipotesi è contraria alla legge della biogenesi di Pasteur, la
quale prova che la vita può nascere soltanto dalla vita - e non, quindi,
dalla materia inerte. Inoltre, la generazione spontanea della vita da materia
inorganica non è mai stata osservata, indipendentemente dalle condizioni
dell'ambiente o dalla quantità di tempo trascorso.
Alcuni evoluzionisti, per aggirare i problemi dell'abiogenesi, considerano
come fatto assiomatico che una forma di vita in grado di replicarsi autonomamente
sia esistita nel passato, omettendo però di spiegarne l'origine.
La stessa atmosfera primordiale postulata dalla teoria evoluzionistica presenta
dei problemi.
Se non è esistito l'ossigeno, non può essere esistito l'ozono
(che è un'altra forma molecolare dell'ossigeno). In assenza di uno strato
di ozono a protezione della terra, le radiazioni ultraviolette prodotte dal
sole avrebbero distrutto le forme di vita primordiali.
Se, invece, l'ossigeno è esistito nell'atmosfera, i primi amminoacidi
non possono aver prodotto la vita, in quanto distrutti per ossidazione dall'ossigeno
presente nell'atmosfera.
La teoria del cosiddetto "brodo primordiale", sviluppata nella prima
metà del 1900, prevede la nascita della vita dalle molecole organiche
prodottesi spontaneamente nell'atmosfera per interazione degli elementi chimici
con l'energia solare, e incubate dagli oceani.
Numerosi scienziati hanno provato a verificare in laboratorio questa teoria
- Robertson e Miller, Rebek, Lee, e i ricercatori di Nagaoka - ma nessuno di
questi esperimenti è riuscito a produrre risultati concreti che possano
spiegare la complessità e l'elevato numero di informazioni dei polimeri
che costituiscono gli organismi viventi.
L'esperimento Miller-Urey
L'esperimento di Miller e Urey è forse il più conosciuto, e tra
i primi nel suo genere. Furono ricreate in laboratorio le condizioni primordiali
ipotizzate: l'atmosfera era simulata da gas come metano, ammoniaca e idrogeno,
mentre l'oceano era simulato da vapore acqueo. I gas furono fatti attraversare
da scariche elettriche, e ne risultò la produzione di alcuni amminoacidi
(composti organici).
Solitamente si pone l'enfasi sulla produzione degli amminoacidi, ma non viene
dato risalto al fatto che in questo e in altri esperimenti simili furono prodotti
miscugli racemici (in uguale quantità) di amminoacidi destrogiri e levogiri.
In natura quasi tutti gli amminoacidi che compongono le proteine sono levogiri,
mentre gli acidi nucleici sono esclusivamente destrogiri. Non può nascere
alcuna forma di vita da una qualunque combinazione di entrambi; anche un solo
amminoacido destrogiro, aggiunto a una catena di amminoacidi levogiri, può modificare
la proteina rendendola non attiva biologicamente.
Asserire che gli esperimenti abbiano prodotto la vita è quantomeno errato:
per produrre delle proteine non è affatto sufficiente produrre qualche
amminoacido, ma sono necessarie lunghe catene di amminoacidi ordinati nel modo
corretto e nella forma esatta.
Oltre a ciò, gli esperimenti furono condotti con livelli inaccettabili
di interferenza umana. Ad esempio, quella stessa fonte di energia utilizzata
per produrre gli amminoacidi, li avrebbe distrutti se Miller non li avesse
rimossi artificialmente.
Resta inoltre il problema di spiegare come i diversi elementi avrebbero potuto
trovarsi aggregati in natura nella stessa area e combinarsi correttamente in
proteine, anziché produrre semplicemente degli amminoacidi isolati.
Alcune riflessioni sulla biogenesi
La condizione richiesta perché gli amminoacidi possano formare delle
proteine è un'alta concentrazione, mentre ambienti come l'oceano o l'atmosfera,
al contrario, dovrebbero causare una diluizione. Inoltre, gli amminoacidi non
hanno una tendenza naturale a formare proteine, ma al contrario, le proteine
tendono a "scomporsi" in amminoacidi.
Le stesse fonti di energia che avrebbero dovuto formare le proteine (scariche
elettriche, calore terrestre, radiazione solare) avrebbero distrutto la vita
anziché crearla. Lo stesso Miller, che lavorò con energie di
livello ben inferiore a quello dei fulmini, dovette ricorrere alla rimozione
degli amminoacidi prodotti mediante trappola fredda, onde evitare la loro distruzione.
Anche ipotizzando che le proteine siano potute essere state prodotte da eventi
casuali, non esiste la più remota possibilità di credere che
esse abbiano potuto formare cellule viventi dotate di una membrana, di un proprio
metabolismo, e in grado di riprodursi autonomamente. Nessuno scienziato ha
mai dimostrato che questo aumento di complessità sia possibile e che
possa essersi verificato, anche ipotizzando la presenza di un numero di proteine
migliaia di volte superiore a quello proposto dagli evoluzionisti.
Selezione naturale
Per selezione naturale si intende il fatto che alcune varietà di organismi
viventi riescono a contribuire più efficacemente di altre alle generazioni
future mediante la propria prole.
La selezione naturale opera sulle caratteristiche preesistenti, ma non ne può produrre
di nuove. La parola stessa "selezione" implica una riduzione, e non
un incremento.
Un esempio è lo sviluppo di resistenza da parte dei batteri verso antibiotici
come la Streptomicina. Molti, erroneamente, ritengono che tale resistenza sia
frutto della "evoluzione" del batterio in risposta all'antibiotico.
Questo tipo di mutazione consiste in modifiche nella superficie del ribosoma
del microrganismo, una perdita di specificità che impedisce alla molecola
dell'antibiotico di "agganciarlo" e produrre i suoi effetti. Non
si tratta, quindi, di "evoluzione", ma di perdita di informazioni.
La selezione non produce nuove funzioni, organi, o caratteristiche, né è in
grado di giustificare il vertiginoso incremento di informazioni necessario
per la macroevoluzione, in quanto implica sempre una perdita di informazioni,
e mai un guadagno.
Mutazioni
Le mutazioni sono ritenute dagli evoluzionisti in grado di spiegare la discendenza
comune di tutte le forme di vita da un unico antenato, mediante variazioni
nel patrimonio genetico.
Si ha una mutazione quando si verifica un errore da parte di una cellula nel
riprodurre il codice genetico. Sebbene la cellula sia in grado di correggere
questi errori nei geni copiati, alcuni di essi possono non essere corretti.
L'effetto delle mutazioni è casuale: possono non produrre alcun effetto,
o produrre effetti impercettibili, oppure avere effetti significativi sull'organismo.
Si tratta comunque di errori genetici, casuali, imprevedibili, non in grado
di generare nuove caratteristiche.
Un esempio molto noto è la Drosophila melanogaster (il comune moscerino
della frutta), allevata per decenni dai genetisti allo scopo di studiarne le
mutazioni, e sottoposta anche a esperimenti con radiazioni ionizzanti allo
scopo di produrre grandi quantità di mutazioni. Sono state identificate
e osservate migliaia di mutazioni, inutili o dannose, ma nessuna di esse ha
prodotto "nuovi" insetti o nuove caratteristiche.
Talvolta le mutazioni, unitamente alla selezione naturale, possono produrre
effetti utili alla sopravvivenza di un organismo; un esempio sono gli insetti
privi di ali osservati sull'isola di Madeira. Trattandosi di una regione ventosa,
le ali avrebbero rappresentato uno svantaggio per la vita degli insetti. Probabilmente,
dunque, gli insetti alati non sopravvissero a causa del vento e non poterono
propagare i loro geni, mentre quelli privi di ali poterono contribuire in maniera
significativa col proprio patrimonio genetico alle generazioni successive.
La selezione naturale, però, non aggiunge nuove informazioni al patrimonio
genetico, ma le rimuove inevitabilmente. In assenza di vento, quegli insetti
non potrebbero infatti riacquistare la funzione perduta.
Complessità
Molte molecole necessarie per la vita, come il DNA, l'RNA, e le proteine, hanno
un grado di complessità tanto elevato che appare estremamente improbabile
che possano essersi create mediante l'evoluzione. Inoltre, non esiste alcun
supporto sperimentale per queste affermazioni.
Anche ammesso che siano passati miliardi di anni dalla nascita della vita ad
oggi, la teoria evoluzionistica non è in grado di spiegare come si possa
ottenere mediante l'evoluzione l'impressionante complessità del cervello
umano, con i suoi oltre centomila miliardi di connessioni, oppure quella dell'occhio,
del sistema uditivo, o del cuore.
La complessità dell'organizzazione delle cellule eucariote è tanto
superiore a quella delle procariote che è alquanto arduo immaginare
come possa essere stata possibile l'evoluzione da batterio a piante, animali
e uomini (Hickman, Bergman, et al).
Inoltre, tutte le forme di vita conosciute, dal più semplice microrganismo
all'essere umano, utilizzano per il trasporto dell'energia l'ATP, una molecola
di complessità irriducibile in quanto non può funzionare se semplificata
(Behe).
Come possa essere sopravvissuta anche la più semplice forma di vita
primordiale senza questa molecola è un'altra domanda alla quale i sostenitori
dell'abiogenesi devono rispondere.
Il DNA stesso non può funzionare senza almeno 75 proteine (di cui 55
solo per i ribosomi), che sono però prodotte solo dal DNA, in quanto
il loro codice genetico è trasportato proprio dalle molecole degli acidi
nucleici (Dickerson, Scientific American, settembre 1978). L'uno necessita
dell'altro, eppure l'uno non può essere esistito, o essersi evoluto,
prima dell'altro.
La teoria evoluzionistica, rifiutando l'esistenza di un creatore, non fornisce
una risposta alternativa a questo quesito.
La ricerca ha dimostrato che alcune molecole di RNA hanno la capacità di
funzionare da enzimi; comunque esse non sono in grado di replicarsi autonomamente,
quindi non è possibile utilizzare questo argomento nelle ricerche in
senso evoluzionistico (Joyce, Orgel).
Termodinamica classica: considerazioni
Ilya Prigogine, Nobel per la fisica per il suo lavoro sulla termodinamica,
ha affermato che "...la probabilità che a temperature ordinarie
un numero macroscopico di molecole si sia assemblato per dare vita alle strutture
estremamente ordinate e alle funzioni coordinate che caratterizzano gli organismi
viventi è praticamente nulla".
La prima legge della termodinamica stabilisce che massa ed energia non possono
essere create o distrutte. Massa ed energia possono mutare, l'una può essere
convertita nell'altra, ma la quantità totale di massa ed energia rimane
costante. Non è quindi possibile che l'universo, e con esso la vita,
siano "apparsi" per caso.
In base alla seconda legge della termodinamica è possibile affermare
che esiste una naturale tendenza in tutti i sistemi osservati lasciati a
se stessi, a dissipare energia e organizzazione, e a passare dunque dall'ordine
al disordine.
Anziché tendere verso il grado di organizzazione e complessità della
terra, degli astri, e di ogni forma di vita conosciuta, ogni cosa tende dunque
verso un graduale disordine.
L'incremento di informazione e di organizzazione postulati dagli evoluzionisti,
in quanto indispensabili alla nascita della prima forma di vita e alla sua
evoluzione da microrganismo verso forme di vita sempre più organizzate, è una
palese violazione di questa legge.
Né la selezione naturale, né la riorganizzazione delle informazioni
nel patrimonio genetico, né l'influenza di fattori dell'ambiente esterno
possono produrre un incremento di informazione o di organizzazione; nessuno
di questi fattori è adeguato a spiegare la diversità e la complessità delle
forme di vita esistenti.
Spesso gli evoluzionisti obiettano che la seconda legge della termodinamica
si applica solo ai sistemi chiusi (isolati), e che la Terra è invece
un sistema aperto, in quanto il sole costituisce una fonte di energia esterna.
Un sistema aperto, in realtà, non è per se stesso condizione
sufficiente a mantenere l'ordine; l'energia ricevuta dal sole è incontrollata,
quindi anziché generare organizzazione, accelera l'entropia (degradazione).
Non è sufficiente che vi sia energia; essa deve essere convertita
in energia utilizzabile, come ad esempio avviene per le piante.
Esistono casi speciali - come la cristallizzazione - in cui l'ordine locale
può aumentare; ciò avviene, però, a spese di altre zone
dove esso decresce. Tutti i sistemi, aperti o chiusi, tendono dunque a deteriorarsi.
George Simpson, tra i più famosi scienziati evoluzionisti, ha confermato
che "la semplice erogazione di energia non è sufficiente per
sviluppare e mantenere l'ordine".
John Ross, ricercatore evoluzionista dell'università di Harvard, ha
scritto: "...non esistono violazioni conosciute della seconda legge
della termodinamica. È consuetudine applicare la seconda legge ai
sistemi isolati, ma la seconda legge si applica ugualmente bene ai sistemi
aperti".
E, riferendosi alla nozione che la seconda legge non si applica ai sistemi
aperti, aggiunge: "È importante accertarsi che questo errore
non sia ripetuto" (Chemical and Engineering News, Luglio 1980).
È
dunque necessario l'intervento di un'intelligenza esterna al sistema perché sia
possibile giustificare la creazione tanto della materia inanimata quanto
della vita, e l'incremento di informazione e di ordine necessari a spiegare
tutto quello che è possibile osservare nell'universo.
I fossili e l'evoluzione
Se la vita si è continuamente evoluta da una specie all'altra, come
sostengono gli evoluzionisti, dovrebbero essere stati rivenuti miliardi di
fossili di transizione tra tutte le specie viventi, ovvero forme di vita
per così dire intermedie in cui si possa constatare l'evoluzione di
un tratto (ad esempio un organo o un arto) in un altro.
Pur essendo stato scoperto fino ad oggi un numero elevatissimo di fossili,
però, non sono state trovate le forme di transizione indispensabili
per convalidare la teoria evoluzionistica; in particolare le transizioni
dalla materia inorganica ai metazoi, dai metazoi agli invertebrati, dagli
invertebrati ai pesci, dai pesci agli anfibi, dagli anfibi ai rettili, dai
rettili agli uccelli, dagli uccelli ai quadrupedi, dai quadrupedi alle scimmie,
e dalle scimmie all'uomo.
Gli unici cambiamenti che possono essere osservati nei fossili implicano
semplicemente delle variazioni all'interno della specie in esame.
Esistono tuttavia diverse speculazioni in merito: le sequenze ottenute disponendo
in un ordine immaginario fossili appartenenti a specie diverse, sono molto
note e ritenute verità scientifiche da eminenti scienziati, riviste
scientifiche e virtualmente da tutti i libri di testo; si tratta in realtà di
mere congetture non supportate da alcun dato di fatto.
Patterson, evoluzionista, ha affermato: "È facile inventare storie
su come una forma abbia dato origine a un'altra... Ma tali storie non fanno
parte della scienza, poiché non c'è modo di sottoporle a verifica".
Lo stesso Darwin ammise: "...devono essere esistite innumerevoli forme
di transizione, perché non le troviamo in grandissime quantità?
...perché non ne sono piene tutte gli strati e le formazioni geologiche?
...questa forse è l'obiezione più ovvia e seria che si possa
fare contro la teoria [dell'evoluzione]".
Darwin ritenne allora che la mancanza di forme di transizione fosse da attribuire
al numero insufficiente di fossili raccolti fino a quel momento, e predisse
che sarebbero state trovate col tempo. A 150 anni da allora, con oltre 200
milioni di campioni catalogati appartenenti a circa 250.000 specie fossili,
molti paleontologi evoluzionisti, come Stanley, ritengono che il numero di
fossili raccolti sia sufficiente (Bird).
Secondo Stanley, un affermato evoluzionista, "le testimonianze fossili
non hanno documentato un singolo esempio di evoluzione filogenetica risultante
in una transizione morfologica visibile, e pertanto non offrono alcuna evidenza
che il modello gradualistico possa essere ritenuto valido".
Gli fa eco un altro evoluzionista, Kitts: "le testimonianze fossili
non forniscono neppure una prova in supporto della teoria darwiniana, tranne
che esse nel senso più debole sono compatibili con tale teoria, come
anche con altre teorie evoluzionistiche, rivoluzionarie... e addirittura
con quelle non storicamente compatibili".
Molti altri noti scienziati evoluzionisti - come Simpson, Gould, Cutler,
Ridley, Raup, Eldredge, West - hanno espresso i propri dubbi sul modello
gradualistico, asserendo che non esistono prove di transizioni morfologiche
tali da confermare la macroevoluzione, o semplicemente limitandosi a constatare
la mancanza di prove verificabili.
"
Contrariamente a quanto molti scienziati affermano, i fossili non confermano
la teoria darwiniana dell'evoluzione, perché è questa la teoria
che noi usiamo per interpretare i fossili raccolti" (West).
Ma le specie di transizione non sono gli unici "anelli mancanti" dell'evoluzionismo:
affinché una specie si sia evoluta in un'altra, come ipotizzato, è necessario
che le transizioni abbiano interessato anche gli organi. Tra le tante specie
osservabili non esistono esempi di elementi parzialmente sviluppati come
occhi, organi vitali e apparati interni o esterni. La sopravvivenza di un
organismo in queste condizioni, tanto oggi quanto in passato, sarebbe impossibile
(Szent-Gyorgyi, biochimico, due volte premio Nobel), e anche se fosse vissuto
sarebbe morto rapidamente, o isolato dalla selezione naturale, e dunque impossibilitato
a trasmettere i propri geni alle nuove generazioni.
Equilibri punteggiati
Gould, notissimo paleontologo e fermo sostenitore dell'evoluzionismo, ammise
l'infondatezza dell'evoluzione graduale postulata da Darwin, che definì "frutto
dei pregiudizi politici e culturali del diciannovesimo secolo".
Eldredge, evoluzionista e collaboratore di Gould, affermò che era diventato "abbondantemente
chiaro" che le testimonianze fossili non avrebbero potuto confermare la
predizione di Darwin, e che dimostravano semplicemente che questa predizione
era errata.
Eldredge ammise: "Sono i paleontologi - la mia stessa razza - ad essere
i maggiori responsabili di aver lasciato che idee come queste dominassero la
realtà... Noi paleontologi abbiamo detto che la storia della vita supporta
quell'interpretazione [variazioni graduali per adattamento], pur sapendo che
non è così".
Gould e Eldredge proposero allora una teoria alternativa, quella degli equilibri
punteggiati.
Essa consiste, sostanzialmente, nell'interpretare le testimonianze fossili
in modo da dimostrare che le varie specie siano esistite per lunghi periodi
senza variazioni significative (fase di equilibrio). Quando un piccolo gruppo
di individui si separava dal resto dei suoi simili e si trasferiva in un nuovo
ambiente, avveniva rapidamente il cambiamento in senso evoluzionistico (fase
di puntualizzazione).
Esistono anche altre teorie simili a quella degli equilibri punteggiati - ad
esempio la speciazione quantica di Simpson - elaborate per giustificare le
discontinuità registrate dalla documentazione paleontologica.
In tutte, comunque, è riscontrabile ancora lo stesso problema: l'assenza
di forme di transizione. Peraltro, proprio i lunghi periodi di stabilità presupposti
implicano un'abbondantissima presenza di fossili di transizione.
Fossili di transizione: dalla scimmia all'uomo?
L'interpretazione delle testimonianze fossili viene invariabilmente influenzata
dalle presupposizioni degli esaminatori; nel caso degli evoluzionisti, il
presupposto è che l'evoluzionismo sia un dato di fatto. Ogni cosa
deve allora in qualche modo essere forzata a fare parte di quello schema
prestabilito.
Il cosiddetto "uomo di Piltdown" (eoanthropus), rappresentato per
decenni nei libri di testo, si rivelò essere lo scherzo di un addetto
di un museo di storia naturale.
Lewin, evoluzionista, commentò: "Come può accadere che degli
scienziati, i più grandi esperti del loro tempo, osservino dei pezzi
di ossa umane moderne - i frammenti del cranio - e 'vedano' in essi la chiara
prova di qualcosa di scimmiesco; e 'vedano' nella mascella di una scimmia i
segni inconfutabili dell'essere umano? La risposta, inevitabilmente, ha a che
fare con le aspettative degli scienziati e il loro effetto sull'interpretazione
dei dati".
Il successo di questa frode, perpetrata per più 40 anni, nonostante
le ricerche delle più grandi autorità mondiali, spinse Zuckerman
a dire: "C'è da chiedersi se vi sia qualcosa di scientifico nella
ricerca delle origini umane nei fossili"; "...per uno scienziato
la cui immaginazione è accesa dal desiderio di trovare antenati [dell'uomo],
le variazioni tra i fossili di scimmia sono sufficienti a far sì che
egli scelga delle caratteristiche in un fossile di scimmia e decida che esse
sono 'pre-umane'".
Anche l'hesperopithecus, detto anche "uomo del Nebraska", considerato
una "prova irrefutabile delle origini animali dell'uomo", fu stato
ricostruito dall'immaginazione degli scienziati basandosi sull'unico resto:
un dente, che si rivelò poi essere quello di un pecari (animale simile
al cinghiale) estinto.
Richard Leakey - famoso antropologo evoluzionista, e figlio di quegli stessi
Leakey che scoprirono i frammenti di quello che fu battezzato "homo habilis" (che
si rivelò essere un australopithecus) - alcuni anni fa affermò: "Ad
oggi, non è stato scoperto niente che abbia veramente senso come specie
di transizione verso l'uomo, inclusa 'Lucy', dal momento che il 1470 [il teschio
di un homo sapiens scoperto da Leakey] era della stessa età e probabilmente
anche più vecchio. Se dovessi esprimere un giudizio, affermerei che
esiste più evidenza per la comparsa improvvisa dell'uomo piuttosto che
per un processo graduale di evoluzione".
Il ritrovamento di un altro presunto intermedio uomo-scimmia, il ramapithecus,
consisteva in qualche dente e frammenti di mascella, messi insieme dai ricercatori
in modo da avere una forma somigliante a quella della mascella umana. I resti
fossili rinvenuti nel 1982 e nel 1988 dimostrarono che il ramapithecus era
soltanto un antenato estinto dell'orangutan. In particolare, fu rinvenuta una
mascella completa di ramapithecus: la forma non era quella presunta (parabolica),
ma a forma di U, tipica delle scimmie.
David Pilbeam, noto paleontologo evoluzionista dell'Università di Harvard,
scrisse: "Molti paleontologi ritengono che il ramapithecus sia il nostro
più antico antenato. Queste conclusioni sono state tratte da nient'altro
che qualche osso della mascella e qualche dente. A onor del vero, sembra non
essere niente di più che un parente dell'orangutan". Alle stesse
conclusioni giunsero Leakey, Zilman e Lowenstein.
Lo scheletro del conosciutissimo "uomo di Neanderthal" (homo sapiens
neanderthalensis) - il cosiddetto "anello di congiunzione tra i primati
e l'uomo" - fu ritenuto a lungo un uomo-scimmia, fino a quando studi successivi
non dimostrarono che la sua capacità cerebrale era addirittura superiore
a quella dell'uomo moderno.
Recenti ricerche effettuate con l'ausilio della microscopia elettronica hanno
rivelato che si tratta semplicemente dello scheletro di un uomo con gravi deformazioni
a carico dell'apparato osseo.
L'uomo di Neanderthal, l'uomo di Heidelberg, e l'uomo di Cro-Magnon sono oggi
considerati dalla scienza esseri umani e non intermedi (Straus, Cave, Rothschild,
Thillaud).
Il pithecanthropus erectus (homo erectus), o "uomo di Java", scoperto
da Eugene Dubois, era in realtà un gibbone, come ammise lo stesso Dubois,
a distanza di qualche decennio, ammettendo inoltre di aver tenuto nascosti
altri quattro femori di scimmie trovati nella stessa area.
Gli evoluzionisti, comunque, rifiutarono di accettarlo, e ancora oggi ritengono
che il pithecanthropus sia un "intermedio", nonostante il fatto che
gli scienziati moderni abbiano confutato quest'affermazione.
I resti fossili di un altro homo erectus, il sinanthropus, o "uomo di
Pechino", consistevano in frammenti di teschi, denti e mascelle, trovati
anche molto distanti gli uni dagli altri.
I fossili furono oggetto di studi approfonditi, anche da parte di autorità internazionali
come Marcellin Boule, il quale concluse che il sinanthropus era un animale
- probabilmente una grande scimmia o un babbuino - di cui si erano cibati degli
uomini.
Tra l'altro, è interessante notare che del finanziamento del progetto
si era occupato De Chardin, già implicato nella frode dell'uomo di Piltdown.
Tra gli altri esempi di presunti intermedi uomo-scimmia, sempre basati su pochi
resti, è possibile citare il pliopithecus e il proconsul, inspiegabilmente
ritenuti ominidi perché sembravano incroci tra due specie di scimmie;
il dryopithecus, basato su frammenti di mascella che più tardi furono
riconosciuti come appartenenti a una scimmia estinta; l'oreopithecus, basato
sui resti di denti e della zona pelvica.
Inoltre, i vari australopitechi, studiati per 15 anni da un team di scienziati
che concluse che non hanno caratteristiche umane. Zuckerman - uno dei maggiori
studiosi di questo fossile - affermò che si trattava di una scimmia, "...al
punto che solo un esame minuzioso e approfondito può rivelare una qualunque
minima differenza tra le scimmie moderne e l'australopithecus".
Agli australopitechi appartengono, in particolare: l'australopithecus africanus
(il teschio di una scimmia in cui non erano del tutto evidenti le caratteristiche
a causa della giovanissima età), l'australopithecus robustus e l'australopithecus
boisei (teschi che presentavano caratteristiche tipiche delle scimmie ma non
degli esseri umani) e l'australopithecus afarensis (basato solo su alcuni frammenti
trovati in luoghi differenti, e di cui Johanson, il suo scopritore, inizialmente
scrisse che non aveva dubbi sul fatto che non fosse un essere umano: "semplicemente,
non lo era; era troppo minuta; il suo cervello era troppo piccolo, e la forma
della mascella non era adatta").
Recenti ricerche sulla dentizione e sulla locomozione, effettuate da Jungers,
Bromage, Smith, Vannier, e Conroy, hanno confutato l'opinione diffusa che si
tratta di "progenitori" dell'uomo. In merito a queste ricerche, Dean
Falk commentò: "Sebbene ci siano ancora alcuni che si ostinano
a ritenere pseudo-umani gli australopithecus, la loro opinione non rappresenta
più la maggioranza".
Dall'analisi delle caratteristiche dell'homo ergaster, dell'homo erectus, dell'homo
heidelbergensis, e dell'homo neanderthalensis, si può concludere che
si tratta soltanto di varianti razziali dell'uomo moderno, mentre è stato
dimostrato che l'homo rudolfensis e l'homo habilis erano varietà di
australopithecus.
Fossili di transizione: uccelli, rettili, anfibi
La più famosa scoperta di una ipotetica forma di transizione è forse
l'archaeopteryx, il cosiddetto "anello mancante fra i rettili e gli uccelli".
Esso presenta alcune caratteristiche comuni a entrambe le specie: i denti,
tipici dei rettili, e ali, tipiche degli uccelli.
Gli studi più recenti nel campo della biologia hanno dimostrato che
anche gli uccelli hanno capacità embrionali di sviluppare i denti. Inoltre,
vari uccelli estinti avevano i denti, mentre vari rettili non ne avevano, e
nell'archaeopteryx non solo la mandibola, ma anche la mascella era mobile,
come accade negli uccelli. Le ali, infine, erano del tutto sviluppate.
Alan Feduccia - evoluzionista, tra i massimi esperti di ornitologia - affermò: "I
paleontologi hanno cercato di trasformare l'archaeopteryx in un dinosauro piumato
che cammina. Ma non lo è. È un uccello. E nessun quantitativo
di chiacchiere può cambiare questo fatto"... "È biofisicamente
impossibile che il meccanismo del volo si evolva da bipedi tanto grandi [rettili
e dinosauri] con gli arti anteriori scorciati e le code pesanti usate per bilanciarsi;
esattamente l'anatomia sbagliata per il volo"... "In definitiva,
trovo che l'intera faccenda del dinosauro-uccello sia una vera e propria frode".
L'affermazione che l'archaeopteryx è un uccello e non un rettile è corroborata
anche altri scienziati evoluzionisti come Rayner, Olson, Whetstone, Tordoff,
Walker, Martin, Chatterjee e Benton. Quest'ultimo concluse che "[alcuni]
dettagli della scatola cranica e delle ossa ad essa associate sul retro del
cranio sembrano suggerire che l'archaeopteryx non è l'uccello ancestrale,
ma un antico progenitore della famiglia aviaria".
Un altro presunto fossile di transizione è l'archaeoraptor, di cui lo
stesso Xing (uno dei paleontologi che per primi esaminarono il fossile) recentemente
ha sollevato il dubbio che si tratti di un mero mosaico "composto da una
coda di dromaeosaurus e il corpo di un uccello". Rispondendo a Xing, il
National Geographic ha confermato che le affermazioni di Xing sono state corroborate
dalle ricerche approfondite di diversi scienziati (National Geographic, marzo
2000).
Derstler, paleontologo, ha osservato che il mercato dei fossili di uccelli
(come l'archaeoraptor e il sinosauropteryx), molto florido in Cina, ha portato
gli agricoltori locali a produrre fossili realistici che egli stesso definisce "semplici
da realizzare e molto difficili da riconoscere", come confermano anche
altri paleontologi.
Martin, riferendosi a "mosaici" come l'archaeoraptor, ha commentato: "Non
mi fido di questi campioni fino a quando non li vedo ai raggi X". Infatti,
le giunture accomodate, non visibili in superficie, possono essere rivelate
dai raggi X. Martin aggiunge che "l'intero mercato commerciale dei fossili è crivellato
di contraffazioni".
Fino a qualche tempo fa si riteneva che gli embrioni dei mammiferi possedessero
delle "fessure branchiali", in quanto, secondo la teoria dell'evoluzione,
i mammiferi si sono evoluti dagli anfibi.
Il tessuto embrionale che assomiglia a delle fessure in realtà non ha
nulla a che fare con la respirazione; non si tratta cioè né di
branchie, né di fessure. Questo tessuto si sviluppa in parti della faccia,
ossa dell'orecchio interno, e ghiandole endocrine.
Le somiglianze tra alcuni embrioni e le forme adulte degli animali più semplici
non sono più considerate dagli embriologi come prova dell'evoluzione.
Questo metodo fu ideato e diffuso da Ernst Haeckel, che falsificò deliberatamente
i suoi schemi; essi appaiono ancora oggi nei moderni libri di testo, diffondendo
una falsa idea dell'evoluzione.
Un altro tipo di transizione che presenta non pochi problemi è quella
dagli anfibi ai rettili. Esistono grandi differenze tra i loro organi interni,
che riguardano in particolar modo l'apparato circolatorio e quello riproduttivo.
I resti del pakicetus, descritto come "la più antica balena fossile
conosciuta", consistono in nulla di più di qualche dente, due frammenti
di mascella, e parte del teschio di un mammifero. Si tratta dunque dell'ennesima
ricostruzione speculativa basata su pochi elementi, ripresa dagli autori dei
libri di testo che presentano con disegni di improbabili ricostruzioni complete
di questo e altri fossili.
Il meccanismo uditivo del pakicetus non era affatto quello di un animale acquatico,
ma era bensì quello di un mammifero terrestre. Va anche notato che l'intera
parte lombare, pelvica e caudale furono ricostruite arbitrariamente partendo
da una vertebra lombare, un femore (entrambi rinvenuti distanti dagli altri
resti fossili), un piccolo pezzo di tibia, e qualche osso del piede e delle
dita del piede. Mancano, dunque, proprio gli elementi dello scheletro necessari
a confermare la presunta transizione da mammifero terrestre a balena; pertanto,
non è possibile valutare in modo critico l'ipotesi della transizione.
Infine, secondo i metodi di datazione utilizzati dagli evoluzionisti, il pakicetus
risalirebbe a un'epoca successiva a quella di alcune balene, riducendo così ulteriormente
la possibilità che possa essere un loro antenato.
Il basilosaurus è un altro fossile ritenuto una forma di transizione
tra i mammiferi e le balene. Si tratta di un mammifero acquatico, lungo circa
25 metri, con forma simile a quella di un serpente, e munito di piccoli arti
posteriori che probabilmente erano di supporto nell'accoppiamento. Questa creatura,
comunque, era completamente acquatica, e la forma del suo corpo dimostra che
non era più antico delle balene che esistono oggi, quindi non può rappresentare
una forma di transizione.
Anche l'ipotizzata evoluzione del cavallo è il risultato dell'interpretazione
dei dati, come dimostrato in dettaglio da Walter Barnhart.
L'incremento del numero delle costole, spesso usato per dimostrare l'evoluzione
del cavallo, in realtà è soggetto a variazione all'interno della
specie: l'ehoippus ne possedeva 18 paia, il drohippus solo 15, nel pliohippus
raggiunsero le 19 paia, per scendere poi a 18 nell'equus scotti.
George Simpson, famoso scienziato evoluzionista, scrisse: "L'uniforme
e continua trasformazione dell'hyracotherium in equus, tanto cara ai cuori
di generazioni di autori di libri di testo, non è mai avvenuta in natura".
Organi residuali
Gli evoluzionisti ritengono che alcuni organi, che essi definiscono vestigiali,
o residuali, sono il risultato dell'evoluzione. Si tratterebbe di organi
che non servono più all'individuo, e sono pertanto privi di funzioni.
Anche se questo fosse vero, non proverebbe l'evoluzione, ma l'esatto contrario.
Per supportare la teoria dell'evoluzione, è necessario trovare nuovi
organi in via di sviluppo, in cui cioè si sta verificando un incremento
della complessità.
La storia, comunque, ha dimostrato la falsità di quest'argomentazione.
La scienza moderna ha rivelato le funzioni dei più di cento organi che
si credeva fossero residuali, come la tiroide, l'appendice, o le tonsille (Bergman,
Howe).
Altre parti del corpo, come ad esempio le ali degli uccelli che non sono in
grado di volare, sono fornite di muscoli funzionali, e servono a fornire raffreddamento
o riscaldamento, equilibrio, rituali di corteggiamento, difesa dai predatori,
protezione del corpo, o protezione dei pulcini.
La mancanza di funzionalità degli arti negli uccelli e in altri animali è anche
spiegabile con la perdita di caratteristiche (possibile, e contrapposta all'incremento
richiesto dall'evoluzione), o in alcuni casi è semplicemente il risultato
di quella che viene definita "economia di progettazione".
Anche la parte del DNA ritenuta inutile o ridondante ha iniziato a rivelare
le sue funzioni, come hanno dimostrato gli studi di Wieland.
Secondo Walkup, genetista molecolare, "gli evoluzionisti ritengono che
il DNA 'spazzatura' sia DNA inutile rimasto dalle passate permutazioni evolutive...
Ma ora molte delle sequenze del DNA prima ritenute spazzatura hanno iniziato
a ottenere nuova attenzione per il loro ruolo nella struttura e nella funzione
del genoma, nella regolazione dei geni e nella speciazione rapida".
Similmente, la rivista Science ha commentato: "Molti ricercatori ritengono
che alcune delle scoperte più intriganti possano provenire dalle aree
un tempo ritenute di 'scarto' genetico".
Ordine
Come è stato visto, esistono numerose e profonde differenze tra la complessità organizzata
risultante dall'ipotetico Big Bang e l'ordine osservabile ovunque nell'universo.
Le "coincidenze" che hanno reso possibile l'esistenza e lo sviluppo
della vita sulla Terra - ma non sugli altri pianeti - sono fin troppe per essere
tali, e anche per essere elencate. Può essere tuttavia interessante
ricordarne qualcuna.
La velocità di rotazione della Terra, ad esempio, è quella che
regola l'apparire del giorno e della notte. Se essa fosse inferiore a quella
attuale, la durata del giorno e della notte aumenterebbero, distruggendo la
vita durante il giorno a causa del calore intenso, e di notte a causa del freddo
prolungato. Se la distanza tra il sole e la Terra o il calore emesso fossero
maggiori o minori, la Terra sarebbe troppo calda o troppo fredda per permettere
la vita. Se la luna fosse più vicina alla Terra, le maree inonderebbero
ogni luogo. Se l'atmosfera fosse meno spessa, milioni di meteoriti anziché essere
distrutti cadrebbero sulla Terra, devastandola. Se l'ossigeno disponibile nell'atmosfera
e assorbito dall'acqua fosse molto di meno, la vita non potrebbe esistere.
Se la Terra fosse piccola, la forza di gravità sarebbe troppo debole
per consentire la presenza dell'atmosfera; se fosse grande, la gravità schiaccerebbe
ogni essere vivente al suolo. Se lo strato di ozono fosse troppo spesso, la
Terra non riceverebbe sufficiente calore; se fosse troppo sottile, i raggi
ultravioletti distruggerebbero ogni forma di vita. Le cellule viventi contengono
migliaia di sostanze diverse che reagirebbero tra di loro se non esistesse
un intricato sistema di barriere chimiche e altri apparati che non possono
essersi evoluti, o devono averlo fatto al momento giusto e con grande precisione,
per evitare dannose reazioni chimiche. Se le cariche elettromagnetiche fossero
leggermente più deboli o più forti, non potrebbero formarsi i
legami chimici; nel primo caso di avrebbe il decadimento dei protoni, e nel
secondo sarebbe impossibile l'esistenza di qualunque elemento chimico, ad esclusione
del solo idrogeno.
Citazioni
"
Se io, come geologo, fossi chiamato a spiegare brevemente le nostre idee moderne
sulle origini della Terra e sullo sviluppo della vita, a persone comuni, semplici,
come quelle a cui era rivolto il Libro della Genesi, non riuscirei a fare meglio
che seguire molto da vicino il linguaggio del primo capitolo della Genesi" (Pratt,
evoluzionista).
"
Popper avverte di un pericolo: 'Ogni teoria, anche una teoria scientifica,
può diventare una moda intellettuale, un sostituto per la religione,
un dogma dietro cui trincerarsi'. Questo è stato certamente vero per
la teoria evoluzionistica" (Patterson, evoluzionista).
"
Più si studia la paleontologia, più ci si rende conto che l'evoluzione è basata
solo su una fede" (More, evoluzionista).
"
La teoria darwiniana, modificata ma ancora caratteristica, è diventata
essa stessa un'ortodossia, predicata dai suoi aderenti con fervore religioso,
e dubitata, essi credono, solo da pochi confusi, imperfetti nella fede scientifica" (Grene,
evoluzionista).
"È
possibile distinguere solo due motivi per cui le persone possano voler credere
che le specie hanno avuto origine grazie all'evoluzione: o si è dediti
in modo religioso o filosofico all'idea dell'evoluzione, oppure non si è a
conoscenza dell'evidenza scientifica. La maggior parte delle persone che aderiscono
all'evoluzionismo ricadono nella seconda categoria. Quelli che lo insegnano
e lo promuovono, alla prima categoria" (Garrett).
"
L'evoluzione è diventata, in un certo senso, una religione scientifica;
quasi tutti gli scienziati l'hanno accettata e molti sono pronti a 'piegare'
le loro osservazioni per farle combaciare con essa... Penso, comunque, che
dobbiamo andare oltre, e ammettere l'unica spiegazione plausibile è la
Creazione. So che questo è inaccettabile per dei fisici, come lo è per
me, ma non dobbiamo rifiutare una teoria che non ci piace se esiste l'evidenza
sperimentale la supporta" (Lipson, Physics Bulletin, 1980).
"
La scienza ha rinunciato alla ricerca dell'armonia e, con passione che certamente
nasconde un sottile demonismo, si è lanciata alla ricerca del caos,
alla adorazione del disordine e del nulla primigenio" (Giuseppe Sermonti,
ex presidente dell'Associazione Genetica Italiana e vice presidente del XIV
Congresso internazionale di Genetica).
L'autorevole parere del Prof. Antonino Zichichi, fisico di fama internazionale,
a proposito della teoria evoluzionista:
"
La cultura dominante ha posto il tema dell'evoluzione biologica della specie
umana sul piedistallo di una grande verità scientifica in contrasto
totale con la Fede... Immaginiamo un nostro antenato dotato di straordinaria
longevità. Invece dei nostri cento anni, supponiamo che sia capace di
vivere diecimila anni. Questa fantastica proprietà gli permetterebbe
di osservare quello che è successo nel mondo da diecimila anni a oggi.
Egli potrebbe quindi studiare il modo peculiare in cui i suoi simili si sono
trasformati nel corso dei vari secoli. Troverebbe, questo nostro fantastico
antenato, non poche difficoltà per capire cosa succede. E infatti, nel
corso degli ultimi diecimila anni - dall'alba della civiltà ai nostri
giorni - l'evoluzione biologica della specie umana ha fatto ben poco. Anzi,
assolutamente nulla. L'uomo è esattamente com'era diecimila anni fa.
Gli evoluzionisti dicono: ma questo è ovvio. Noi abbiamo sempre detto
e ripetuto che i tempi tipici dell'evoluzionismo umano sono milioni, decine
di milioni di anni. Gli evoluzionisti parlano come se un milione o dieci milioni
di anni fossero il risultato di una previsione teorica legata a un'equazione.
Se la teoria evoluzionista avesse basi scientifiche serie, essa dovrebbe essere
in grado di predire il valore esatto dei tempi che caratterizzano l'evoluzione
umana. I sostenitori della teoria evoluzionista del genere umano non hanno
la minima idea di come impostarne le basi matematiche. la teoria dell'evoluzionismo
umano non è nemmeno al livello della peggiore formulazione matematica
di una qualsiasi teoria di fenomeni fondamentali. Prendiamo ad esempio la Cromodinamica
Quantistica: la teoria che descrive le forze tra quark. Essa ha un apparato
matematico ben preciso ed è in grado di prevedere molti effetti. Ciononostante
noi non la consideriamo una teoria galileianamente verificata in tutti i suoi
aspetti. Molte proprietà della sua formulazione matematica sono ancora
poco capite e tante verifiche sperimentali debbono essere realizzate. Un confronto
tra questa teoria e la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana
non è nemmeno ipotizzabile. Motivo: la Teoria Biologica della specie
umana non ha alcuna base matematica. Eppure molti arrivano all'incredibile
presunzione di classificarla come un'esatta teoria scientifica, corroborata
da verifiche sperimentali. Domanda: quali sono le equazioni di questa teoria?
Risposta: non esistono... Per chiarire meglio su quali basi poggia la teoria
evoluzionista della specie umana è bene passare in rassegna i risultati
sperimentali su cui si fondano queste speculazioni teoriche.
La Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana Diciamo subito che la
Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileiana.
Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati. Questi ci
dicono che: 1) la Terra esiste da circa cinque miliardi di anni - 2) gli organismi
semplici cellulari risalgono a quasi tre miliardi e mezzo di anni - 3) gli
organismi multicellulari esistono da circa settecento milioni di anni - 4)
i vertebrati, da quattrocento milioni di anni - 5) i mammiferi, da duecento
milioni di anni. Si arriva così ai primati: settanta milioni di anni
fa. La famiglia ominoidea inizia con la scimmia primitiva Dryopithecus: circa
venti milioni di anni fa. E si sdoppia in un ramo (Pongidoe), che porta agli
scimpanzé, ai gorilla, agli orangutanghi. E nell'altro ramo (Hominidae),
che dovrebbe portare a noi, attraverso la sequenza Homo Habilis (età della
pietra), Homo Erectus (età del fuoco), Homo Sapiens Neanderthalensis,
fino all'Homo Sapiens, che porta a noi. Questa catena ha però tanti
anelli mancanti e ha bisogno di ricorrere a uno sviluppo miracoloso del cervello,
occorso circa due milioni di anni fa. Arrivati all'Homo Sapiens Neanderthalensis
(centomila anni fa circa) con un cervello di volume superiore al nostro, la
Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana ci dice che, quarantamila
anni fa circa. l'Homo Sapiens Neanderthalensis si estingue in modo inspiegabile.
E compare infine, in modo altrettanto inspiegabile, ventimila anni fa circa,
l'Homo Sapiens Sapiens. Cioè noi. Una teoria con anelli mancanti, sviluppi
miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza
galileiana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per
stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente
non riproducibili, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di
ulteriori repliche...".
Ecco i tre livelli di credibilità scientifica, che ci permetteranno
di capire "a quale livello appartiene la Teoria dell'Evoluzione Biologica
della specie umana.
Il primo livello è quello delle prove riproducibili: chi non credesse
che la forza è proporzionale all'accelerazione potrebbe ripetere gli
esperimenti di Galilei. Troverebbe sempre la stessa risposta.
Il secondo livello di credibilità si ha quando non è possibile
studiare eventi riproducibili sotto controllo diretto. Vediamolo con un esempio.
Nel cosmo si osservano diversi tipi di stelle. Introducendo un modello teorico,
si possono interpretare quelle osservazioni in modo tale che un certo fenomeno
stellare rappresenti l'esempio di come nasce una stella; un altro fenomeno,
di come nuore. E così via. È ovvio che nessuno può dire:
adesso ricomincio tutto daccapo, per verificare se è proprio vero che
una stella nasce così ed evolve come previsto. Se manca qualche anello
nell'evoluzione stellare, l'unica possibilità è la ricerca di
qualcosa nel grande laboratorio cosmico su cui l'uomo mai potrà intervenire:
il cielo. Ma c'è di più. I modelli dell'evoluzione stellare potrebbero
essere con elementi ancora da scoprire. Basta ricordare la scoperta delle stelle
pulsanti (pulsar). Prima della scoperta dei pulsar, nessuno avrebbe potuto
sostenere che questo fosse un anello fondamentale dell'evoluzione stellare.
Nel cielo ci sono diversi esempi di stelle che nascono e che muoiono. Osservando
esempi identici di evoluzione stellare, è come se si ripetesse l'esperimento.
Pur senza alcuna possibilità di intervento diretto, come già detto.
Viene infine il terzo livello: quando una serie di fenomeni accade una sola
volta. Sarebbe il caso dell'evoluzione della specie umana, se non ci fossero
gli anelli mancanti e tutte le altre difficoltà prima elencate. L'evoluzione
della specie umana non è ancora arrivata al terzo livello. Se lo fosse,
potrebbe assurgere al secondo livello di credibilità scientifica se,
qui sulla Terra, diverse volte - come avviene per i fenomeni stellari - fosse
possibile osservare tutte quelle fasi evolutive da noi sintetizzate prima.
Questo è ovviamente impossibile. L'evoluzione della specie umana rimane
quindi al di sotto del terzo livello di credibilità scientifica. Ma
non è tutto. Infatti, nella sequenza evolutiva abbiamo già visto
che ci sono anelli mancanti e fenomeni non capiti. Il terzo livello di credibilità scientifica
appartiene a quei fenomeni che non hanno nè anelli mancanti nè punti
misteriosi. Ecco perché la teoria che vuole l'uomo nello stesso albero
genealogico della scimmia è al di sotto del più basso livello
di credibilità scientifica.
Insomma, non è Scienza galileiana quella che pretende di imporre verità prive
di quel rigore che ha fatto nascere, con Galilei, la Scienza... L'uomo della
strada è convinto che Charles R. Darwin abbia dimostrato la nostra diretta
discendenza dalle scimmie: per la cultura dominante non credere alla Teoria
Evoluzionista della specie umana è atto di grave oscurantismo, paragonabile
a ostinarsi nel credere che sia il Sole a girare intorno, con la Terra ferma
al centro del mondo. È vero l'esatto contrario. Gli oscurantisti sono
coloro che pretendono di fare assurgere al rango di verità scientifica
una teoria priva di una pur elementare struttura matematica e senza alcuna
prova sperimentale di stampo galileiano. Se l'uomo dei nostri tempi avesse
una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica
non fa parte della Scienza galileiana. A essa mancano due pilastri che hanno
permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il
rigore. Insomma, mettere in discussione l'esistenza di Dio, sulla base di quanto
gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la
Scienza. Con l'oscurantismo moderno, sì."
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