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Le poesie di eVangelo

Salmo  27


di Giovanni Diodati
Trascritto da eVangelo


Salmo 27

Viva luce serena,
rocca alta di salute,
emmi il Signor: chi mi darà terrore?
Di conforto egli m'è vital virtute:
chi lassa potrà far fallirmi lena?
De' nemici il furore
m'assalì con ardore.
Ma, con empio fiero,
correndo a lacerarme,
e vivo divorarme,
in ruina cadero.
Non, s'oste poderosa
contra me muove'l campo,
di tema unque averrà, che'l cor m'agghiacce,
o de la fronte scolorisca il lampo.
E schernirà di schiera numerosa
questa fè le minacce.
Ma fie, ch'ognor procacce
dal Signor' un sol bene,
ch' i' possa in vita ogn'ora
de la sacra dimora
goder le stanze amene.
Quivi d'alte vaghezze
pascer le luci intendo,
in quel di gloria scintillante volto:
e contemplar' a parte a parte imprendo
del palazzo real l'alme bellezze.
Che'n duri affanni involto,
sarò da Dio raccolto,
sovra poter' humano,
nel divin padiglione,
fuor di cruda tenzone,
come in castel sovrano.
Pur' hor' il capo mesto
sollevo, trionfando,
che rotte i' veggio le nemiche imprese:
ed al Signor, nel Tempio venerando,
con ostie, e canti, a festeggiar m'appresto.
Da te, Signor, intese,
sien le mie voglie accese,
e'l mio pregar devoto.
Ne' mie' dolenti gridi,
de' tuo' favori fidi
non rimandarmi a voto.
Mi sentoin mezzoal petto
chia o sonar le tempre
di questi tuoi ben consiglianti accenti:
ciechi mortali, ricerca tesempre
di me, Dio vero, l'avvivante aspetto,
a te gli spirti intenti
tengo a tutti i momenti.
Ma, non voler, o Dio,
de' mie' peccati schivo,
celarmi il raggio divo
del tuo riguardo pio.
Non far che giusto sdegno
da te mi tenga escluso:
che di tua Maestà son servo humile.
Già pur di sovvenirmi havesti in uso:
del tuo favor, o Dio, mio sol sostegno,
non variar lo stile,
ne mi tener' a vile.
Che la fè m'assicura,
ch'obliato dal padre,
negletto da la madre,
sarò pur' in tua cura.
Quel buon sentier m' insegna;
Ch'a te gli erranti guida:
E, fra tanti nemici, risse, e agguati,
siimi schermo sicur, e scorta fida.
Ne lasciar, che talor preda divegna
de' lor denti arrotati,
e disiri infocati.
Che di lor stuolo grosso,
macchinando rampogne,
bisbigliando menzogne,
incontra me s'è mosso.
Senon, che fui ben certo,
dopo tante tempeste,
di goder del Signor' i dolci beni,
mentre anchor viverò in corporea veste;
sconsolato sarei morto, e diserto.
A Dio fermo t'attieni,
e'n lui tutto sostieni:
ch'al tuo doglioso core
darà franca baldanza,
ed invitta costanza:
spera pur nel Signore.



 


Data: 13/05/2003
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