Salmo
6
Deh, non voler, ne
l' infocato ardore
Di quell'ira, che strugge
Il fello peccator senza perdono,
Gastigo , o correttion dammi ,Signore.
Da me, dolente ,fugge
Ogni vigor, e tutto fiacco sono.
Di mercè fammi dono,
E render vien la sanità smarrita:
Che romper, senz'aita,
E tutte conturbar mi sento l'ossa,
E l'alma sbigottir di tal percossa.
Ahi lasso me, Signor infin'a quando
Di me non ti sovviene?
Homai rivolgi la benigna faccia:
E l'alma liberar , ch' a te, gridando,
Ergo, fra tante pene,
Di tua bontà pel sol'amor ti piaccia,
Perchè non v'è chi faccia
Di te memoria ne la tomba scura:
Chi di narrare ha cura ,
Nel cupo sen di tenebrosa morte,
Le chiari lodi tue, nel mondo scorte?
Carco di doglie, e di mortal affanno,
Alito sol sospiri.
Di pianti un largo rio il mio letto inonda ,
Ch'agli occhi di versar posa non danno
I notturni martiri.
D'amaro lagrimar bagno la sponda,
Oue'l dolor m'affonda .
Langue la vista, per l'acerbo sdegno
Ond'ho il mio petto pregno.
De'nemici mi fa la turba meno
L'occhio venir, già lucido, e sereno.
Hor, gli empi dileguarsi vegga intorno,
Cui il mal'oprar' è l'arte.
Pur' ha' il Signor' il mesto suono udito
De' pianti miei, ne vano fu il ritorno
A le preghiere sparte.
Che'l concetto del cor, al cielo salito,
Dal Signor fu gradito.
I mie' nemici smarrimento ingombri,
Confusione adombri.
Ad hor ad hor gli vegga in volta messi,
E di vergogna in un momento oppressi.
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